12 Gennaio 2015
“Ce la sto mettendo tutta per avere un rapporto sano col cibo. Non voglio più vergognarmi di avere fame, di mangiare davanti ad altre persone, di aver paura di finire quello che ho nel piatto prima degli altri. Voglio smetterla di pensare che verrò giudicata per quello che mangio e che l’unica opinione che gli altri possano avere di me, sia quella di una pigra cicciona. Sono stanca di sentirmi in colpa per uno sgarro, di odiare il mio corpo quando è gonfio. Non voglio più guardarmi le cosce schiacciate sul sedile, o tirare in dentro la pancia quando qualcuno mi guarda. Vorrei essere capace di andare in giro a testa alta, con una bella postura orgogliosa, consapevole. Ma non del fatto che ho una corporatura tutt’altro che esile o che ho il culo grosso. Consapevole del fatto che sono bellissima, in gamba e di carattere.
(…) D’ora in poi rifiuto il giudizio, il senso di colpa, la malattia. Rifiuto quella vocina che mi dice che potrei vomitare la schifezza che ho mangiato, o che semplicemente potrei smettere di mangiare per sempre. Mi rifiuto di programmare la giornata in base ai miei programmi alimentari e di privarmi del cibo come fonte di nutrimento e piacere.
Non ho più intenzione di vergognarmi di dire che sono a dieta, né di temere l’ostilità di quelli che la mia dieta non la condividono, solo perché non sono capaci di farla, loro. O perché non ne hanno bisogno. Perché anche per seguire una dieta sana ci vuole impegno, dedizione, capacità, buon senso. Soprattutto buon senso. Perché una dieta può rivelarsi un grande pericolo, e io lo so.
Voglio poter andare in palestra ogni volta che ho voglia, poter mangiare quello che mi pare.
Mai più trasformerò una frustrazione in odio per il mio corpo.
Io il mio corpo voglio amarlo, così com’è.”
Più di anno fa, con le lacrime agli occhi, scrivevo queste parole sulla stessa tastiera su cui sto digitando ora. Rileggerle fa male; è incredibile quanto poco basti per rievocare emozioni così forti come quelle che provavo allora: un senso di inadeguatezza costante, una incapacità assoluta di amare il mio corpo e di credere in me stessa; la paura di aprirmi e mostrarmi per quello che ero, il terrore di essere giudicati da chiunque incrociasse il mio sguardo; uno stato di perenne attesa di qualcosa di meglio che, semplicemente, mi immobilizzava.
A quel tempo ero convinta che l’origine di tutti i miei problemi fosse il mio corpo e che perdere peso fosse l’unica soluzione.
C’è da dire che nell’analisi introspettiva sono sempre stata brava e, dopo essermi sforzata di guardarmi dentro senza filtri, ho colto la verità dei miei demoni con una chiarezza sconcertante.
In tutta la mia vita, fino a quel momento, avevo sempre attuato inconsciamente quello che viene definito “spostamento”. Infatti, quando nella mia vita si presentava una difficoltà che faceva affiorare le mie più profonde insicurezze, allora era per me più facile riversare questo sentimento di inadeguatezza sul mio aspetto fisico, piuttosto che affrontarlo per quello che era.
Il mio cervello sapeva che, tutto sommato, era sopportabile, per me, la convinzione di avere qualche chilo di troppo (risolvibile con un po’ di dieta e palestra) e che invece sarebbe stato devastante trovarmi di fronte alle mie più profonde paure.
Così ho fatto per anni, posticipando l’inevitabile momento in cui una goccia avrebbe fatto traboccare il vaso e il giochino dello “spostamento” si sarebbe esaurito.
Non so quale sia stata quella goccia, né quando sia caduta. Semplicemente è successo ed è stata la cosa migliore della mia vita.
Se mi guardo ora, faccio fatica a contenere l’emozione.
Un anno può sembrare poco o una vita intera, ma, a prescindere da tutto, in quest’anno ci sono io. In quest’anno sono rinata.
Da una parte mi sento cresciuta, ma allo stesso tempo mi sento ritornata bambina: vivo il mio corpo con una serenità assoluta, non mi preoccupo troppo di quello che mangio perché il cibo è buono ma è solo cibo, nulla di più. Non temo le emozioni forti e soprattutto non temo più il giudizio.
Esattamente come quando ero piccola: quando rispondevo a tono alle maestre, litigavo con i bambini prepotenti, mi vestivo seguendo il mio gusto eccentrico e mi lasciavo scivolare i commenti addosso, perché, anche se ci provavano, non mi lasciavo mettere i piedi in testa da nessuno.
E nel frattempo mangiavo gelati e pizzette senza vergogna.
Insomma, ero una bambina fantastica.
Ora mi guardo e capisco che ho imparato di nuovo a mostrarmi per quello che sono, senza aspettarmi di piacere a nessuno in particolare.
Mi espongo senza paura perché rivelarsi per quello che si è, è l’unico modo per circondarsi di persone che ci apprezzano davvero.
Quindi niente, se potessi urlare una cosa al mondo in questo momento, sarebbe: "Ama te stesso e ti ameranno tutti!". O almeno quasi tutti, perché non si può piacere a tutti, ma se ti ami non ti interessa.
Vittoria Alaska Calderara