mercoledì 30 marzo 2016

Il dramma di amare senza essere ricambiati.

“Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte
che, come vedi, ancor non m’abbandona.”

E’ ironico come Dante, già nel 1300, sia stato in grado di riassumere in pochi versi quello che sarebbe stato il dramma romantico di sempre, per sempre.

Questi versi, che sono forse i più inflazionati della Divina Commedia, mi hanno colpito a tal punto che si sono prepotentemente fatti spazio nel mio bagaglio di vita e, costantemente, ritornano.

    Io non sono mai stata particolarmente fortunata in amore. Sono molto passionale, ma anche molto spaventata; non mi fido mai anche se vorrei e, col tempo, ho eretto tra i miei sentimenti e gli altri un muro molto difficile da valicare. Insomma, non certo la ricetta perfetta per una storia d’amore da favola. Non mi risulta che Cenerentola avesse problemi di fiducia, o che alla Bella Addormentata non piacessero le sue gambe, o che Ariel fosse riluttante ad esprimere i suoi sentimenti.


    Il mio problema non è mai stato quello di non piacere ai ragazzi: ho sempre avuto il mio discreto seguito e sono sempre stata apprezzata (non da tutti, ma da molti) non solo fisicamente, ma anche intellettualmente.  Al che la domanda sorge spontanea: “Com’è che sono così sfigata in amore?”.  La risposta è semplice: ho sempre sottoposto i miei spasimanti ad una selezione a prova di bomba. Risultato: tutti bocciati, con qualche rimandato a Settembre (dopo l’estate, che quella è sacra). Il mio mantra è sempre stato: “Mai accontentarsi!” che, per carità, ineccepibile. Soprattutto a vent’anni. Ma siamo sicuri di doverla prendere proprio così alla lettera? Non è che forse a qualche compromesso bisogna pur scendere?


   Questi dubbi sono pervenuti quando, dopo anni di storie in cui spezzavo cuori di ragazzi apparentemente perfetti, mi ha sfiorato la mente il pensiero che forse il problema potevano non essere gli uomini (“tutti sfigati”, “tutti stronzi”, “tutti incomprensibili”) bensì, proprio io: troppo esigente, troppo idealista, troppo spaventata dall’idea di dover rendere conto a qualcuno al di fuori di me stessa.


    Non c’è voluto molto per capire che forse avevo sbagliato tutto, in ogni storia.

La svolta? Quando ho sperimentato l’amore non corrisposto, in cui, questa volta (e altre volte poi) la parte non corrisposta non era un ragazzo a cui davo false speranze senza nemmeno accorgermi, ma ero proprio io: persa di qualcuno che non mi considerava “in quel senso”.
L’ironia della sorte voleva che, in tutto questo, quelli di cui mi innamoravo inesorabilmente fossero ragazzi tutt’altro che perfetti: non bellissimi, problematici, insicuri ma con ego smisurati… un cocktail perfetto, insomma.
Senza contare lo smacco alla mia fiducia nelle mie armi di seduzione, ho ben presto iniziato a capire cosa significasse quella strana e contorta espressione… “soffrire per amore”.
E fa schifo, ma schifo davvero. Nel senso che ti senti morire dentro, vorresti piangere urlare, prendertela con tutti. Ti odi perché è come se qualcosa non andasse in te e nel frattempo odi lui, perché ti sembra impossibile che tu possa amare così follemente qualcuno che per te non prova nulla.

    Ed ecco che entra in gioco il nostro Dante, che con i suoi versi diceva proprio questo: Paolo amava così tanto e così sinceramente Francesca, che per lei è stato inevitabile, alla fine, amarlo a sua volta. E il loro amore è così forte che continuano ad amarsi anche dopo la morte, all’inferno. Beh, io mi aggrappo a questi versi come un uccellino si aggrappa ad un ramo.

Ma aveva davvero ragione Dante? Forse sì, magari solo alla lunga. Magari non a vent’anni. Però sì, non c’è cosa più attraente dell’essere amati tanto e bene. Non è forse questo che cerchiamo nell’amore?
Quindi forse bisognerebbe ascoltare Camus quando dice che “Non essere amati è una semplice sfortuna, la vera disgrazia è non amare.

    Perché alla fine è vero che non essere corrisposti fa schifo, ma c’è da dire che non c’è conquista più grande del ritrovarsi capaci di amare persone imperfette.

Ed è solo amando, che si impara ad essere amati.


Vittoria Alaska Calderara

   

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